Siamo sempre lì (e dico siamo, non perché non esistano persone coscienti, ma perché siamo nel mondo e siamo parte di una comune responsabilità) a sostituire strutture verticali con altre egualmente verticali, salvo poi stupirci che la verticalità dia luogo alle piramidi, stringendosi al vertice sino a divenire un punto.

Ogni volta indignandoci degli effetti, senza mai intervenire sulle cause, lamentandoci perché poi quella che chiamiamo scienza faccia lo stesso.

Abbiamo una filosofia che da sempre cerca giustificazione al potere dei pochi, alla proprietà ed è quella che insegniamo negli atenei, insieme alle leggi di mercato. Una teologia che esalta gli unti ed i prescelti, che cerca i santi ed i guru. Nella nostra morale è normale la figura del capo. La struttura stessa delle nostre società e comunità è verticalizzata. Se pensiamo ad una qualsiasi alternativa creiamo immediatamente una segreteria generale, un comitato centrale, cerchiamo un leader carismatico.

La condivisione, l’orizzontalità, la democrazia diretta sono concetti di cui spesso parliamo, riempiendoci la bocca, ma che non pratichiamo nemmeno negli ambiti dove potremmo.

L’esperienza delle comuni negli anni ’70 si è sempre arenata su questo ostacolo… il capo, il guru, l’essere carismatico che faceva fulcro… non solo, ovviamente, ma anche e soprattutto.

Nelle nostre “manifestazioni” o “momenti organizzati” che dir si voglia abbiamo sempre qualcuno che tira il carro e qualcun altro che si fa tirare, chi porta l’acqua e chi beve.

Ci hanno messo secoli di filosofia e teologia per insegnarcelo bene e, quando qualcuno “sgamandoli” ha adoperato lo stesso linguaggio per dire cose diverse lo hanno bruciato.

Lo fanno ancora, anche se hanno deciso che roghi e berline siano, per il momento, virtuali.

Qualche filosofo fuori dal coro ci ha anche provato, qualche eretico ispirato, dicendo cose, finalmente, tese a rendere circolare ed orizzontale quel che era ed è verticale… ma con scarso ascolto e nulla partecipazione.

Abbiamo creato, compartecipando, credendo, aderendo al sistema, il mondo che abbiamo. Potremmo cambiarlo, così come lo abbiamo formato, ma puntualmente, cadiamo nell’antica trappola della “Natura umana” , “dell’Utopia”, “della follia dell’Eretico antisociale”.

Il metodo è sempre quello, raccontato persino nelle favole anche se oggi lo chiamano, da saputi, finestre di Overton… che per aprirle ci devi credere, devi cascarci. devi accettre la canzone… il ritornello.

Ora una carezza, più spesso un pugno ed il popolo bue riempirà la piazza delle esecuzioni capitali, accorrerà sotto il balcone, inneggerà al nuovo Papa, si affollerà al matrimonio del principe… seguirà succube la kermesse sanremese.

Però ci vuole, è indispensabile un popolo che lo faccia, che accetti d’essere bue (con il massimo rispetto per i poveri buoi).

Non dico niente di nuovo? Lo so, ma siamo sempre lì, nonostante lo dicano tutti ed è forse questo il problema?